Un tempo in Italia c’era il culto delle grandi “tavolate”. Tornava a casa il capo famiglia e tutti, grandi e piccini, si radunavano attorno al tavolo. C’era chiasso: si rideva e si mangiava con voracità. Erano poche cose: un gran piatto di pasta al sugo di carne e, per chi poteva, un secondo piatto a base di carne e verdura. Ricordo ancora il profumo del pollo al forno con le patate, la voce squillante e capricciosa della zia. Era una civiltà contadina.

Poi vennero i tempi della fretta. I tempi dei pasti veloci e deleteri, consumati sui trespoli dentro i centri commerciali. Al vocio si sostituì la musica alla moda in sottofondo o i TG che vanno per 24 ore di fila dando sempre le stesse notizie. Un american way of life che ha portato distanza, competizione e malattie.

Chi ha un sessantenne dentro casa oggi può ancora rivivere l’atmosfera conviviale di quel tempo andato. Ma nulla è per sempre. Presto mangiare sarà non più un piacere, ma una incombenza.