Ho sempre mal sopportato la scrittura che viene incontro al lettore pigro, intristendo in didascalie che spiegano ciò che un fruitore mediamente alfabetizzato dovrebbe sapere. Leggevo ieri “La canzone di Achille” della Miller che quando parla di Danae, si affretta subito a spiegare che “Danae era quella che fu presa da Giove trasformatosi in pioggia d’oro” oppure che “Leda fu stuprata sempre da Giove in forma di cigno…“
Ehm… signora Miller… un lettore medio queste cose le deve già sapere! Altrimenti facciamo la fine dei campioni dello sport che, alle prese con un avversario mediocre, abbassano di conseguenza il loro livello, rendendo tutto triste e monotono. Questo succede sempre più spesso in narrativa ed è chiaro che si tratta di un tentativo di tenere desta l’attenzione del soggetto “medio(cre)”. La pigrizia mentale non va “nutrita” ma è vero anche che lo scrittore moderno deve fare i conti con una platea di lettori diseducati e provenienti da decenni di scuola arrangiata, di TV spazzatura e di social nefasti.
Assistiamo così ad una scrittura banale, persa in frasi parentetiche e in rimandi a fondo pagina.
E chest’è! Come direbbe Eduardo…

