Maalox

Nulla più mi attrae particolarmente. Potrei dire di essere un uomo di mezza età senza grandi curiosità. Le cose migliori le feci in gioventù; le cose peggiori le ho viste negli ultimi dieci anni. Tutti dicono che ogni età ha il suo fascino. Modestamente non sono d’accordo. Non so cosa ci sia di fascinoso nella cervicalgia e nella pesantezza della vescica.
Per parlare con poco rispetto: quando facevamo a chi pisciava più lontano, ero quasi imbattibile. Bei tempi! Scrosci liberi e giocondi dopo boccali di birra e bevute alla fontana al centro del paese. Quelle sorsate goduriose dopo corse forsennate a scapicollo. Ora, ogni volta che mi avvicino ad un alcolico già l’acido mi sale per la gola e ho a portata di Manox il Mal… no: ho a portata di mano il Maalox.
E’ vero: siamo la generazione dell’anti acido, perché ci hanno lasciato un mondo becero che non siamo capaci a gestire. Non abbiamo le palle ciniche dei nostri nonni, che si sono mangiati tutto il mangiabile. A noi hanno lasciato beni da mantenere senza avere il potere economico per farlo.
Così va tutto a puttane: le case, le librerie, le biblioteche, la curiosità, la voglia si sapere…
Vuoi sapere qualcosa? C’è Wikipedia o Mypersonaltrainer!
Cosa vuoi fare, figlio? Vuoi fare il fotografo? Papà si mette a paghette, va in rosso sul conto e ti compra la più stilosa reflex sul mercato e tu diventi un fotografo provetto. Vuoi diventare un Freddy Mercury? Papà da la mamma a quel produttore che conosce e tu vai a XFactor, dove ti giudicheranno Fedez e Ambra Angiolini (che gran fior fiore di geni dello spettacolo!)
Che stavo dicendo? Non lo so. Come al solito mi sono perso. Ma tanto, sui social, quel che si dice si dice… chissenefrega!

(nella foto: comeravamoecomesiamo)

Resta

Perché non resti? Potresti sedere qui, semplicemente parlando. Guarda: con me non devi neppure prendere quella falsa aria disinvolta, accavallare le gambe. Potresti parlare sinceramente; dirmi quello che non va e non limitarti a mandare cinque volte al giorno una faccina sul messenger.
Oppure (non voglio essere pessimista) potresti dirmi quello che ti piace; che, come dici tu “ti sconfinfera di me”, bevendo un bitter rosso o un’acqua tonica. Da quanto tempo non beviamo seduti al tavolo di un bar? Ci piace più? Ci è mai piaciuto? Non rammento…
Avevi spesso i capelli raccolti dietro le piccole orecchie bianche. Indossavi piccoli pendenti argentati, di quella foggia antica. Mi ricordo sai? Ricordo tutto. Ricordo persino lo stupore di vederti così bella e lo stupore tuo di sentirti guardata, osservata con devozione quasi di pittore; come di uno che deve immortalarti su una tela.
Ma non ci sei. Semplicemente non ci sei, perché qualche altra cosa ci assorbe; su qualche altra cosa siamo comunque concentrati. Siamo stati sconfitti prima della partita. Ci siamo dati lo sfavore dei pronostici. Chissà perché…
E’ difficile ricostruire l’armonia da uno spartito lacero. Ci vogliono mani pazienti ed amorevoli che non abbiamo più, perché “ci manca il tempo”.
E definitivamente, quando chiudo la chiamata, mi sento solo. Ma, intendiamoci bene, questa solitudine è volontaria; questa reclusione è scelta (anche se non appare tale), questa clausura è morbida e confortevole.
Rischiare di nuovo di trovar difetti? Rischiare di nuovo di non essere compiaciuti o soddisfatti? Rischiare di non soddisfare?
Hai ragione ad andare. In definitiva l’avevo capito prima di vederti, che volevi andare.
Con l’indice spingo Bach nel lettore. La sera scende e sale come una Chiesa gotica.