Il mercato rionale mi terrorizzava. Quel mettersi sguaiatamente in mostra, esibendo stoccafissi come simboli fallici; il grido greve del salumiere che ha il “pecorino addrizzamanico”; lo sguardo sotterraneo dei ragazzi accanto alle “buatte” di pesce salato; l’odore forte che si levava dietro il teatrino di tende, dove s’ammucchiavano le cotenne, i mezzi pesci, gli scatoloni. Le casalinghe guardinghe, sempre timorose di salassi, addomesticate dai mariti ai quali “piaceva quello o piaceva quell’altro e guai a portargli qualcos’altro…”

Tutta quella funzione e quei sorrisi da commedia dell’arte, con la mano tesa verso la punta del piede, come Arlecchino. Quell’atmosfera generale da “baraccone”; quell’aria da Circo. I Mangiafuoco napoletani che vendevano le scarpe a poco. Le parannanze gialle a fine giornata, coi lacci lisi dai troppi nodi. L’odore di cacio che si annida nei polsini e dietro al collo. Le donne coi polpacci spessì e le zeppe. Donne messe curve dietro un tavolato, le mutandine abbassate alle caviglie, la testa ondulante e gli occhi sognanti.

Avevo terrore di tutta quella vita palesemente mostrata e tutta concentrata in poche decine di metri, pullulante come da un formicaio.

Sandro Amici
Design a site like this with WordPress.com
Get started