La passeggiata serale

Cosa penserebbe il signor Ramopal nel percorrere queste strade deserte serali in una grande città?
Un apparente ordine regna sovrano; ma è l’ordine della latitanza. La gente è chiusa in casa, esteriormente felice, sui balconi illuminati a testimoniare la sua esistenza si dimena e canta. Strilla risate quasi innaturali per rendersi palese agli altri, ma standosene per conto suo.
Il signor Ramopal osserva queste pance lisce di palazzi ora buie, ora innaturalmente illuminate. Qualcuno ha lasciato addirittura le decorazioni natalizie a brillare davanti finestre serrate. Avranno abbandonato la casa, avranno patito una morte improvvisa?
La strada continua in leggera salita, rimbalzando la luce delle carrozzerie. Macchine incastrate ad altre macchine, in un labirinto di quadrilateri, ora miserabili, ora costosissimi.
Ecco da dove si percepisce che una volta c’era era mescolanza tra uomini e culture: sono restate le carcasse vuote delle macchine.
In una di queste c’è una bambola di pezza. Questa famiglia avrò un bambino? Un’altra porta in bella mostra una croce rossa sul vetro anteriore. Sarà la macchina di un medico…
Da aspetti del tutto secondari si riconoscono tratti di umanità. L’umanità protetta dai vaccini, dalle reti contro le zanzare, dai portoni blindati, da antifurto infallibili, dall’istruzione senza cultura. Meno sai e meno soffri.

“Ecco” pensa il signor Ramopal “se uno solo scendesse in strada manifestando ciò che sente… se solo uno andasse gridando in strada che non si sente felice, poi forse verrebbe il secondo e poi il terzo e già questa sarebbe una grande cosa. Magari si conoscerebbero, si stringerebbero la mano e andrebbero cercando un bar aperto per un caffè o qualcos’altro che li consoli.”
Sì, il signor Ramopal sente dire spesso in giro che tutto sommato la felicità è a portata di mano, ma poi vede queste case serrate, sente queste risate lontane e questi pianti di bimbo e pensa che sia una bella menzogna che l’uomo si racconta per cercare comunque di percorrere la vita.

Photo by Francesco Ungaro on Pexels.com

Orizzonte

Concentrarsi sulla individualità invece di rivolgersi all’insieme. Fissarsi sulle minime cose anziché guardare alla globalità.
Questo ha fermato l’umanità. Questo individualismo, devo dire giustamente condannato anche dalla Chiesa (che non amo affatto) che ha portato nel corso degli anni a ristringere la nostra visione in un certo senso quasi panoramica ad una persino claustrofobica, relegata ai pollici del nostro smartphone.
Il nostro “apparato” ci mostra la strada, ci evita i pericoli, ci consiglia il cibo e ce lo porta a casa. Ci fa guardare i nostri sport come non li avevamo mai visti e addirittura ci permette di scommettere. A casa nostra. Finalmente al sicuro da ogni minaccia e dalle quelle sale malsane dove si fumava a stuolo, finivi per conoscere qualcuno e magari ci parlavi pure.
Lezioni di ginnastica online, lezioni di Zumba online, che ti evitano la fatica di recarti sul posto, incontrarti con le persone (proprio ora che torna, minacciosa come una pestilenza, la febbricciola del COVID) e magari portartele a casa per un drink e finirci a letto.
Io, che per pubblicare un post di WordPress uso il PC vi devo sembrare una Creatura del passato remoto…
Ma ancora vengo colto dal panico quando mi dicono che dallo smartphone posso fare tutto.
No! Assolutamente no. Con lo smartphone non si può e non si dovrebbe fare tutto. Come Palomar dovremmo cercare di rifare il percorso contrario. Concentrarci sulle cose minime per riportare di nuovo lo sguardo all’orizzonte. Quell’orizzonte perso che ora guardiamo distrattamente per scattare una foto da caricare su Instagram.

Photo by Ron Lach on Pexels.com