19/01/2023

L’orizzonte
così pulito e netto
e sopra d’esso, sfumato,
tenta la sopravvivenza il cielo
contro l’incedere certo del tramonto.

Tutto declina dopo esser vissuto
ma pur scemando,
non cede nulla della sua bellezza

essa resta immutata
anzi, s’accresce
come le vampe rosse
che lascia il Sole mentre lieto s’annega.

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Un orologio

E’ davvero singolare che di mio padre resti un orologio a cui teneva tanto.
Non si tratta di un orologio di marca o prezioso. E’ un orologio nero di plastica, a marca “Lorenz” che non perdeva (diceva lui) mai un colpo.
Sono rimaste le pieghe della sua lenta consunzione sul cinturino. Per il resto è immacolato, nello stile del suo proprietario: un uomo meticoloso con gli oggetti, conscio della loro preziosità.

E’ singolare perché esso continua a scandire il tempo “dopo” la sua morte. E’ un conteggio del tempo postumo a lui; mi rammenta la sua assenza e m’allontana dal momento in cui ha smesso di respirare.
L’ho recuperato assieme ad un fagotto di suo capi di vestiario, per la maggior parte scaldacollo o tute pesanti, senza le quali non riusciva più a contenere il freddo che gli nasceva da dentro. Erano custodite ordinatamente al Pronto Soccorso e mi sono state consegnate con considerazione e rispetto da un infermiere e dalla Caposala, contrita per il fatto che non mi fossero state consegnate ancor prima. Fatto di cui si è scusata, omettendo di scusarsi del fatto forse un tantino più increscioso che mio padre in quel Pronto Soccorso ha smesso pressoché di vivere, senza alcuna cura o considerazione.
Beh, nell’Era in cui è data più importanza alle cose è quasi nella norma che l’umano, specie se vecchio, sia tenuto in minor conto.

Mi scuserete: ma si tratta dell’amarezza che tutta questa storia ha portato nella mia vita.
Oramai, entrato a far parte della schiera di quelli più avanti con gli anni, mi rendo perfettamente conto di non far più parte di coloro che potrebbero essere salvati se fosse in gioco la loro esistenza. La vita ha così poco peso! La gente scompare dietro una cortina di porte chiuse, di ingressi sbarrati, di entrate contingentate per una “emergenza sanitaria”, per delle “misure di prevenzione”. Tu non le vedi più o, se le vedi, oramai sono indirizzate verso una unica soluzione, quella definitiva.
I Dottori hanno la faccia tutta compresa nel loro ruolo, apparentemente consapevoli del tuo dolore e della tua impotenza. Quasi quasi ti fanno capire che “Ma sì, a questa veneranda età… è meglio essere condotti in una bella struttura, con un letto singolo, il bagno privato e la televisione coi canali digitali”. Ce lo vedevo mio padre guardare i canali della Fininvest oramai in fin di vita, senza più fiato, con gli occhi cisposi e la bocca completamente disidratata!
Una bella struttura tutta vetri e acciaio, con Dottori sorridenti e infermieri finalmente comprensivi.
Nel pieno della notte, tra il sonno e il sogno ti chiamano. Quasi sempre è una voce femminile calda e rassicurante. Tuo padre ha smesso di soffrire. “Ci dispiace tanto!”

Così hai questo orologio di plastica. Il fagotto di panni lo hai già messo in quei cassoni per la strada, quelli della Carità. Lo terrai per qualche tempo sulla scrivania, in bella vista e poi lo riporrai nel cassetto e lì lo dimenticherai.
E’ poi così bella la vita? A che serve?
Non sono così Zen. Nasciamo, viviamo, moriamo. La vita non serve a nulla. Siamo in un certo qual modo obbligati a vivere. Fra tante tragedie e faccende brutte c’è qualche momento di contentezza e rari, rarissimi momenti di felicità, che sono subito sopraffatti dalla burocrazia, dalla lentezza, dalle tasse, dal poco amore.
La vita è banale e solo a volte, se sei fortunato, incontri uomini come mio padre, che ti rendono l’esistenza leggera, come doveva essere la piuma per lo scrittore, nel momento in cui si sentiva ispirato.


Le sue amate margherite



Cosa mancherà

Cosa mancherà di mio padre?
Non gli ulivi che guardano al mare,
non le viti che solcano i colli,
non certo le sue amate albe
e le sere da cui era spaventato
non la luce di cui si rivestiva
nemmeno le zebre che raspano il terreno
o le veloci leonesse nella notte
non le sue savane
non le sere al mare
che eran la sua gioia

Non mancherà il suo amore.
Lo abbiamo avuto per cent’anni ancora
E non quel che ha insegnato o dato ai porci

Mancherà la sua infallibile onestà
e la sua bontà indicibile
quella se ne va con il mondo
un mondo guasto del quale ormai era stanco.

E quanto riderebbe nel sapere
che chi gli fece male,
canterà oggi le sue lodi!
Li osserverà ridendo mentre parte
parte e non ritorna.

Sempreverde

Quale danza serve per capire che ami?
Forse, stringerci soltanto, ascoltando il
giovane Maestrale
sulla riva in inverno.

Quale segno occorre per saper che t’amo?
Un rosso mirabolante acceso in cielo
o, soltanto
un piccolo fiore bianco sul tuo comodino
quando torni stanca e vuoi dormire.

Hai mai visto i chiari tesori che lascia la natura
quando cade un petalo di rosa
ancora rossaccesa
sopra il bianco e poroso marmo di un giardino?
Allora saprai che ti amo.
Da queste piccole stelle, chiare, piccine, sorelle.

(gennaio 2022)