Giardini dicembrini

Oggi è la volta dei giardini di dicembre: celati, umidi e verdescuro. Ad una cert’ora i grandi scendevano a cercare le lumache e allora noi, bambini, non appena ne scovavamo qualcuna la nascondevamo più nel folto, affinché scampasse alla caccia.
Si trattava di giardini che solo la pioggia sottile di dicembre liberava da una gessosa polvere. Nei quali ogni svolta, ogni piccolo andito rappresentava un nuovo mondo, urlante mostri, sussurrante fate. Qua una statua di gesso raffigurante Venere, dal minuscolo seno e il naso sottile.
Giardini senza malizia o vergogna, ove morivano poveri e stenti gatti o si nascondeva un ninnolo della nonna. Giardini che avevano un colore smorto e forte: il colore del ricordo.
Angoli nei quali arrivava come nenia senza parole il canto della mamma e poi la tramontana diaccia di cui non ricordo più la secca morsa.

Un’altra goccia nel mare

Quando ero ragazzo e Roma, nonostante fosse Roma, riusciva ai miei sensi a sfavillare e profumare, ero solito fermarmi a leggere sulle panchine di Piazza Risorgimento, al capolinea.
Leggevo interi libri in due o tre giorni, del tutto ignaro di quel che accadeva intorno, ogni tanto attratto e subitamente innamorato di una ragazza, del tutto perso anche solo per uno sguardo, tremante per giorni dopo aver intuito un sorriso sfuggente sulle labbra di una ragazza e non troppo lontano da una grande libreria proprio davanti ai bastioni michelangioleschi. L’insegna maestosa e lunga per tutte le dieci vetrine campeggiava rossa. Libreria Maraldi.
Una libreria talmente grande che, mi ricordo, mi stupiva con sempre nuovi cunicoli , budelli e sotterranei che contenevano via via testi sempre più misteriosi, codici oscuri, edizioni infrequenti. Io trascorrevo in quel posto ore di perdizione; del tutto stordito da quell’odore di cartamuffa, di discorsi fatti sottovoce, di suono sfogliante.
Qualche anno fa, trasecolato, passando là davanti mi accorsi che non c’era più: frammentata e sub venduta a gelatai, mercanti di brutture, agenzie “skip the line“.
Inutile dire che con essa se ne andò e malamente una parte della mia giovinezza.

Ieri leggo che un altro baluardo di cultura, dopo anni di sforzi gestionali e perdite ingenti mese per mese, se ne va. Cara Libreria Odradek di via Dei Banchi Vecchi a Roma: che fosti così generosa da accogliere anche le mie fotarelle! A due passi da piazza Navona…. sparita anche tu! Perché “Muoiono anziani e accaniti lettori e non c’è il ricambio. Le nuove generazioni non vivono più nella “civiltà della carta

E in quale “civiltà” vivono le nuove generazioni? No, cara libreria Odradek; sei stata troppo buona. Le nuove generazioni, una volta presa dimestichezza con il telecomando della TV e cominciato a scorrere l’indice sullo smartphone non vivono più alcuna civiltà ma si assuefanno, si drogano di lampi di display, senza capacità di analisi e senza discernimento.
Non passano dalla carta alla lettura “liquida”, no. Proprio smettono di leggere.
Nel caso della lettura bisognerebbe smettere di essere politicamente corretti: alle nuove generazioni non interessa nulla della lettura: sono cose barbose, interminabili, ben più lunghe delle 30 pagine in media che un lettore di social riesce a tollerare prima di cambiare “visualizzazione”.
E che volevi fare, cara Odradek, superare indenne l’era di Bezos?

Teniamoci i “talent”, i “blogger”, “i Brands Ambassador”. La loro gestione è tanto più semplice, sbrigativa e crudele: basta scorrere l’indice.