Giardini dicembrini

Oggi è la volta dei giardini di dicembre: celati, umidi e verdescuro. Ad una cert’ora i grandi scendevano a cercare le lumache e allora noi, bambini, non appena ne scovavamo qualcuna la nascondevamo più nel folto, affinché scampasse alla caccia.
Si trattava di giardini che solo la pioggia sottile di dicembre liberava da una gessosa polvere. Nei quali ogni svolta, ogni piccolo andito rappresentava un nuovo mondo, urlante mostri, sussurrante fate. Qua una statua di gesso raffigurante Venere, dal minuscolo seno e il naso sottile.
Giardini senza malizia o vergogna, ove morivano poveri e stenti gatti o si nascondeva un ninnolo della nonna. Giardini che avevano un colore smorto e forte: il colore del ricordo.
Angoli nei quali arrivava come nenia senza parole il canto della mamma e poi la tramontana diaccia di cui non ricordo più la secca morsa.