Canto di Natale

Siamo celati dalla nebbia
come colpevoli amanti
ed accendiamo i nostri lumini
ben distanti dalle bombe che brillano.

Chi di noi è dotato di pietà?
Chi rammenta il fratello disperso
il bambino piagato e la madre piangente?

Come se il mondo fosse una sfera spaccata
e noi vivessimo in un’altra galassia
come se non sapessimo che la Terra gira
e potremmo respirare lo stesso acido fumo
le stesse schegge,
la stessa dittatura.

E’ solo il caso che ci vuole qui, da questa parte.
E’ solo la fortuna che ti fa cantare
una stridula canzone, la notte di Natale.

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L’elastico

Era largo, agli esordi, il cerchio
e potevi fare giri e giri e giri…
perderti, ritrovarti, perderti di nuovo, cadere e poi rialzarti

Poi si stringe, senti un soffocare
fare di ogni giorno un giorno per fare
non devi restare con le mani in mano
perché nemmeno Dio lo ha fatto.

Poi viene il tempo in cui non hai più nulla in gioco
se non te stesso e sarebbe bello
se solo avessi forza per giocare
ma non sei più un bambino
e persino si allontanano i ricordi,
di quel poco che ricordi
attanagliato al legno di una dura sedia

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Ho perso l’incanto

Ho perso l’incanto per la fotografia osservando attentamente una turista che fotografava tutte le insegne di brand famosi sui negozi di Roma e lo faceva con l’espressione rapita di una bambina al centro del suo mondo perfetto. Lì mi sono detto che non era più tempo per la fotografia che conosco, ma per un mostro che ingoia tutto ciò che incontra sul proprio cammino. Una sconsiderata ‘fotofagia’ globale in cui le mie immagini ‘antiche’ non stanno a loro agio.

Una fotografia essenziale