La Kermesse

“È cominciato ed è finito il Festival di Sanremo. Le città erano deserte; tutti gli italiani erano raccolti intorno ai loro televisori. Il Festival di Sanremo e le sue canzonette sono qualcosa che deturpa irrimediabilmente una società. Quest’anno, poi, le cose sono andate ancora peggio del solito: perché c’è stata una contestazione, seppur appena accennata, al Festival. Ciò che si contesta sono infatti i prezzi dei biglietti per ascoltare quelle povere creature che cantano quelle povere idiozie: e si protesta moralisticamente contro il privilegio di chi può pagare il prezzo di quei biglietti. Non ci si rende conto che tutti i sessanta milioni di italiani, ormai, se potessero godere di questo famoso privilegio, pagherebbero il prezzo di quel biglietto e andrebbero ad assistere in carne e ossa allo spettacolo di Sanremo. Non è questione di essere in pochi a poter pagare quelle miserabili ventimila lire ma è questione che tutti, se potessero, pagherebbero. Tutti, operai, studenti, ricchi, poveri, industriali, braccianti..I centomila disgraziati che si tappano le orecchie e si coprono gli occhi davanti a questa matta bestialità, sono abitanti di un ghetto che si guardano allibiti fra loro, senza speranza. E i più non osano neanche parlarne: perché parlarne, sinceramente, fino in fondo, fino all’indignazione, è impopolare come niente altro. E’ per non rischiare questa impopolarità, che i contestatori sono in questo caso tanto discreti. Ma è un calcolo sbagliato, che li rende degni degli “innocenti” cantanti integrati e del loro pubblico.”.

(Pier Paolo Pasolini-Da “Il caos” su “Il Tempo”, n.7, 15 febbraio 1969).

Senza titolo

Cose che non ho detto

O cose che ho detto troppo

O cose che potevo fare e non ho fatto e cose

Che potevo evitare.

Tutto, che sia stato detto o fatto,

Giusto o sbagliato che sia

L’ho fatto per gli altri. E forse questo

È l’unico errore certo.

——

Foto Sandro Amici

Ho perso l’incanto

Ho perso l’incanto per la fotografia osservando attentamente una turista che fotografava tutte le insegne di brand famosi sui negozi di Roma e lo faceva con l’espressione rapita di una bambina al centro del suo mondo perfetto. Lì mi sono detto che non era più tempo per la fotografia che conosco, ma per un mostro che ingoia tutto ciò che incontra sul proprio cammino. Una sconsiderata ‘fotofagia’ globale in cui le mie immagini ‘antiche’ non stanno a loro agio.

Una fotografia essenziale

Minimo

Le parole sono ridotte al minimo

Ma non perché non c’è parola

È perché non c’è passione.

Non c’è vento in ciò che si dice

Non c’è convincimento in quello che si sente né tormento per quel che non abbiamo

E così, costretti a contare cosa ci rimane, fuggono i giorni e, per quanto bella sia la sabbia, sempre e comunque fugge via dalle mani incolpevoli.

Poche cose

Di poche cose è fatta la vita. Se le togli il sogno sarà un trascinarsi scialbo, pallido come una collina levigata dal troppo vento. Se le togli un ideale tutti faranno le stesse utili cose. Balleranno quando è il caso, fotteranno tutti i sabato e una volta l’anno faranno la medesima crociera. Togli il sogno e toglierai la vita.